L'annosa questione della "fondamentalità" e la portata dei diritti dei fedeli
DOI:
https://doi.org/10.1400/234900Parole chiave:
diritti dei fedeli, cann. 208-223, fondamentalità, struttura costituzionale della Chiesa.Abstract
L’articolo ripercorre la vicenda storica che ha condotto all’affermazione dei diritti dei fedeli e gli insegnamenti che se ne possono trarre. Lo statuto del fedele ha segnato un radicale ribaltamento nella giuridicità canonica. La nozione di diritto primario del fedele si è andata peraltro configurando progressivamente. La denominazione ‘diritti fondamentali’ ha suscitato infatti vivaci dispute e contestazioni per la matrice storica (illuministica e giusrazionalistica), per l’eccessiva dipendenza dal pensiero civilistico, per le riserve di carattere ecclesiologico e teorico fondamentale (la peculiarità dell’ordinamento canonico e la presunta “alternatività” della socialità ecclesiale), che ne hanno determinato l’espunzione dalle codificazioni. Superati gli ostacoli e i pregiudizi speculativi, la categoria si è diffusa e generalizzata nella dottrina canonistica, non sempre però in maniera precisa e rigorosa a livello ermeneutico e applicativo. La consapevole assunzione della fondamentalità implica ad es. la prevalenza, la strutturalità sistematica e l’inderogabilità della spettanza. I ritardi e i limiti formali e procedimentali presenti nell’ordinamento canonico non sono paragonabili a quelli sostanziali e contenutistici dell’assetto costituzionale secolare, è possibile e auspicabile tuttavia un ulteriore affinamento concettuale e una maggior pratica e coscienza dei diritti dei fedeli.