Una rivisitazione in chiave costituzionale della differenziazione dei fedeli nel can. 207 CIC

Autori

  • Massimo del Pozzo Professore Ordinario di Diritto costituzionale canonico, Facoltà di Diritto Canonico, Pontificia Università della Santa Croce, Roma, Italia

DOI:

https://doi.org/10.19272/202308602009

Parole chiave:

can. 207 CIC, concezione per stati, ecclesiologia di comunione, fedele, ratio costituzionale, varietà carismatica

Abstract

L’articolo considera i limiti e le insufficienze nella formulazione del can. 207 CIC. All’esame sommario della genesi e della redazione della prescrizione, segue l’analisi della ricezione e delle riserve palesate dalla dottrina canonistica. La perplessità maggiore in merito al contenuto e alla collocazione del canone in questione deriva dal presupposto ecclesiologico legato alla riproposizione della visione societaria (societas perfecta intrinsece disaequalis) del precedente can. 107 CIC 1917. L’acquisizione conciliare della condizione del fedele e la prospettiva comunitaria del popolo di Dio inducono a superare il senso e lo scopo dell’antica prescrizione. Al di là del contrasto tra la logica della bipartizione e della tripartizione, pare opportuno superare ogni residuo della concezione per stati canonici. In linea con una maggior attenzione al fattore carismatico, si auspica una riformulazione normativa che recepisca la varietà di vocazioni, carismi e ministeri nella Chiesa e integri il profilo personale e istituzionale con l’aspetto comunitario.

Pubblicato

2023-12-15

Fascicolo

Sezione

Dottrina

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